L’intelligenza artificiale e mercato del lavoro: minaccia o opportunità?

 L’intelligenza artificiale è già parte integrante delle nostre vite quotidiane e tutti noi, magari anche senza saperlo, la utilizziamo costantemente.  Pensiamo ad esempio a Google che ci suggerisce i prodotti da acquistare, a Netflix che ci consiglia i film da guardare o a Youtube che riesce ad individuare i brani musicali in linea con i nostri gusti.

Ma cos’è quindi l’intelligenza artificiale?

L’IA è un settore che non riguarda solo le tecnologie all’avanguardia come i robot o le auto con pilota automatico: parliamo di intelligenza artificiale, infatti, tutte le volte che abbiamo a che fare macchine dotate di alcune caratteristiche considerate umane, come il ragionamento, le percezioni visive e spazio-temporali, l’apprendimento e la pianificazione. L’intelligenza artificiale non è qualcosa di nuovo nata in questo millennio, ma esiste da ormai più di 50 anni.

I sistemi di IA oggi sono molto più sofisticati e complessi di quelli esistenti fino a qualche anno fa e questo grazie ai progressi nella tecnologia, nello sviluppo di nuovi algoritmi e nella possibilità di disporre di enormi quantità di dati. Un esempio di questi sistemi sofisticati sono proprio i cellulari di ultima generazione di cui tutti siamo dotati, che oggi possono perfino riconoscere il volto di una persona per abilitarne un accesso, oppure gli assistenti vocali come Siri di Apple, Cortana di Microsoft o Alexa di Amazon, gli smart assistant che esistono in molte delle nostre case.

 

 

Davvero l’intelligenza artificiale avrà un impatto negativo sul mercato del lavoro?

L’IA viene spesso percepita come una minaccia, è diffusa nei lavoratori la paura che a breve le macchine potrebbero sostituire del tutto l’uomo; esiste in effetti il rischio concreto di perdere a favore delle macchine intelligenti ulteriori posti di lavoro, ma è anche vero che si apriranno sempre più strade per la realizzazione di nuove professionalità che oggi facciamo fatica anche ad immaginare, come dieci anni fa non ci immaginavamo che essere influencer o social media manager sarebbe diventata una professione.

Purtroppo, a causa della nostra natura, spesso tendiamo a soffermarci sul timore di perdere il lavoro, invece che ragionare e immaginarci che cosa di nuovo verrà creato, che ancora non conosciamo. La verità è che saranno più i posti di lavoro creati di quelli persi, come risulta anche dal report “Future of Jobs Report 2020”,” del World Economic Forum (WEF), che stima una perdita di 85 milioni di posti di lavoro a fronte della nascita di qualcosa come 97 milioni di posti in 26 paesi entro il 2025.

L’intelligenza artificiale è dunque destinata a crescere, e come tutte le altre innovazioni tecnologiche sostituirà una parte del lavoro umano, iniziando a rimpiazzare le mansioni manuali altamente ripetitive e talvolta pericolose come l’immissione dei dati, la produzione della catena di montaggio e molti altri lavori che non richiedono competenze specifiche.

Una ricerca condotta dal dipartimento economico dell’Università Ca’ Foscari ha individuato tre aree su cui sarà maggiore l’influenza dell’intelligenza artificiale: il settore manifatturiero, il settore del retail e quello della sanità; in tutti e tre i settori si prevede la futura automazione dei lavori che ad oggi sono svolti interamente dall’uomo.

Il settore manifatturiero sarà caratterizzato dall’ottimizzazione delle linee di produzione attraverso la creazione di sistemi di smart manufacturing e dell’auto-correzione dei processi; il settore del retail farà uso di strumenti per pensare a prodotti e servizi sempre più personalizzati, incrementando la fidelizzazione del cliente e aumentando le vendite; in ambito sanitario verranno impiegati strumenti per monitorare lo stato di salute dei pazienti grazie a dispositivi in grado di raccogliere e comunicare i dati biometrici, che contribuiranno in modo risolutivo al rilevamento rapido e preciso dei dati sanitari e ad individuare una diagnostica più attendibile.

L’implementazione dell’intelligenza artificiale su larga scala richiederà abilità di livello più elevato e conoscenza digitale di base, perché le nuove tipologie di figure professionali saranno ricoperte solo da tecnici altamente qualificati.

Le aziende dovranno adeguarsi a questo cambiamento, collaborando con governi, educatori, istituti scolastici e organizzazioni per creare iniziative multisettoriali di upskilling e reskilling; i giovani di tutto il mondo sono vulnerabili al divario di competenze e alla disoccupazione, e in particolare hanno bisogno di aggiornamento e riqualificazione.

E bisognerà investire non solo nei giovani, ma anche negli adulti già presenti nel mondo del lavoro per migliorare le loro competenze. È importante tenere a mente che la formazione va a vantaggio non solo dei dipendenti e dei loro datori di lavoro, ma anche dell’economia e della società.

Non sappiamo  bene come sarà il nostro futuro quando faremo un massivo uso dell’intelligenza artificiale, ma è possibile che avremo più tempo libero. Più tempo per sviluppare relazioni umane significative. Più tempo per essere creativi: nell’arte, nella scrittura, nella musica, nel cinema, nel giornalismo, creatività che alle macchine ancora non appartiene. Più tempo per nutrire la nostra curiosità e per approfondire i misteri della vita. Più tempo da dedicare all’ esplorazione, alla ricerca che fino ad oggi ci hanno spinto verso il progresso.

La transizione guidata dall’ intelligenza artificiale ad un mondo automatizzato impiegherà molti decenni. Sarà complesso e ci richiederà di reinventare completamente la nostra società e noi stessi, ma alla fine, potrà e dovrà essere la cosa più grande che sia mai accaduta all’umanità.

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